Vera Maria Carminati
◘
Elio Succi
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Bellezza e
Vanitas,
Vera Maria Carminati
Bertolt Brecht, Milano, Maggio 2006
Bagliore, silenzio e sospensione innaturali: la luce del lampo è
fissata in un bagliore eterno e il silenzio è sottratto al tempo
perché il fragore del tuono resta sospeso.
Le cose, quelle della
vita quotidiana, che dialogano tra loro e con l’uomo, in questo
altrove parallelo, ne catturano lo sguardo attonito, sospendono la referenzialità e il gioco mutevole dei segni, per assurgere a
oggetti puri e intrascendibili, solo scrutabili all’infinito
nell’inesausta contemplazione dei loro particolari. Sono perfetti
e caduchi, pieni eppure leggerissimi. Lo spazio si dilata nelle
vene delle foglie e dei petali e il tempo attende, perché infiniti
sono gli istanti necessari per svolgere le forme e percorrere le
vie del colore.
Un mondo che, anche se piccolo, tutto comprende,
in cui è riunito tutto il visibile. L’oggetto è centro di gravità
dello spazio del quadro e centro d’impulso, forza ordinante di ciò
che gli accade attorno, dal ghirigoro liberty, che è l’impronta
della sua legge - una prima forma di cosmos che si fa legge
attorno ad esso - allo sguardo dello spettatore - emozione
distillata e respiro trattenuto.
La poetica del particolare delle
nature morte di Laura Fantini eleva la mimesis a potenza e,
attraverso una tecnica straordinaria nel controllo della forma e
del colore,
rende visibile l’invisibile. Nei suoi fiori metafisici, la
perfezione ideale è temperata da un forte senso di caducità in cui
bellezza e vanitas si toccano.
Lo stelo reciso, la foglia che si
accartoccia, la piega del petalo sono trafitti da una luce
irreale, che rende le ombre abissi e svela piani infinitamente
percorribili di trasparenze e sfumature. È il teatro metafisico di
una realtà parallela, che vive di uno sguardo eterno e di un tempo
inesauribile, fissati paradossalmente in fiori, foglie, elementi
naturali simbolo dello scorrere inesorabile delle cose.
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